Processo telematico, art. 136 c.p.c. e art. 35 D.M. 21.02.2011 n. 44.- anomalie e antinomie - "lex specialis derogat generali”.
In diritto, il brocardo "lex specialis derogat generali" (che in latino significa: "la norma speciale deroga quella generale") esprime uno dei principi o criteri tradizionalmente utilizzato dal nostro ordinamenti giuridici per risolvere le antinomie normative: il criterio di specialità.
In base a questo criterio, in caso di antinomia tra due norme giuridiche prevale quella più specifica, ossia quella la cui fattispecie è contenuta nella fattispecie dell'altra. Quest'ultima non cessa del tutto di produrre i suoi effetti (ossia, non viene abrogata) ma vede il suo ambito di applicazione ristretto ai casi in cui non trova applicazione la norma più specifica, che si pone con essa in un rapporto di regola ed eccezione; si parla, in questo caso, di deroga della norma generale da parte della norma speciale.
Il criterio di specialità, inoltre, prevale sul criterio cronologico, espresso dal brocardo "lex posterior derogat priori"; pertanto, la norma posteriore generale non abroga la norma anteriore speciale (principio espresso dal brocardo "lex posterior generalis non derogat priori speciali"), salvo che dalla lettera o dalla ratio della prima si evinca la volontà di abrogare la seconda o la discordanza tra le due norme sia tale da rendere inconcepibile la loro coesistenza.
Vediamo come quanto appena sopra descritto sia ricollegabile al processo telematico.
La nota del 29/11/2011 n. 32658.U della Direzione Generale per i Servizi Informativi Automatizzati (DGSIA) del Ministero della Giustizia ha fornito le seguenti precisazioni, con riferimento alle modifiche al codice di procedura civile introdotte dall’art. 25 della L. 12/11/2011 n. 183 entrate in vigore dal 01/02/2012:
«L’analisi della normativa sopravvenuta, e in particolare della modifica dell’art. 136 c.p.c., induce a ritenere che rimanga inalterata la validità delle comunicazioni effettuate a norma dell’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112, per il rapporto di specialità che vi è tra tale ultima norma e l’art. 136 c.p.c.. L’esistenza di un rapporto di specialità e l’intenzione del legislatore di non modificare la norma speciale previgente trova conferma, peraltro, nell’inciso “Salvo che la legge disponga diversamente” del terzo comma del nuovo testo dell’art. 136 c.p.c. …”.
L’art. 4 n. 3 della legge 22 febbraio 2010 n. 24 ha modificato l’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112 disponendo che “A decorrere dalla data fissata ai sensi del comma 1, le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento alle parti che non hanno provveduto ad istituire e comunicare l'indirizzo elettronico di cui al medesimo comma, sono fatte presso la cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario”.
A seguire, la nuova formulazione dell’art. 136 c.p.c. entrata in vigore il 01 febbraio 2012:
Art. 136 c.p.c. Comunicazioni
(modificato dalla L. 183/2011)
Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero, alle parti, al consulente, agli altri ausiliari del giudice e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione.
Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.
Salvo che la legge disponga diversamente, se non è possibile procedere ai sensi del comma che precede, il biglietto viene trasmesso a mezzo telefax, o è rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica.
Bene, è facile comprendere il contrasto tra quanto disposto dall’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112 (modificato dall’art. 4 n. 3 della legge 22 febbraio 2010 n. 24) il quale prevede che, qualora l’avvocato non abbia attivato o comunicato il proprio indirizzo elettronico (leggasi PEC) le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento sono fatte presso la cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario, con quanto disposto dal vigente art. 136 c.p.c. il quale prevede che, se non è possibile recapitare il biglietto di cancelleria al destinatario a mezzo PEC lo stesso viene trasmesso a mezzo telefax o è rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica.
Tale contrasto non può che avere una disastrosa conseguenza in quanto, a seconda che il valore legale sia stato dal Ministero riconosciuto in relazione o all’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112 o dal decreto emesso a seguito della nuova formulazione dell’art. 136 c.p.c., l’avvocato, nella prima ipotesi, qualora non abbia attivato o comunicato la PEC, riceverà la comunicazione solo tramite deposito in cancelleria mentre, nella seconda ipotesi, riceverà la comunicazione o a mezzo telefax o tramite ufficiale giudiziario e quindi senza correre il rischio che la comunicazione gli venga fatta (come nella prima ipotesi) mediante il solo deposito in cancelleria; è evidente la disparità di trattamento relativa alle due ipotesi che “disciplinano” la stessa materia: le comunicazioni telematiche ad opera della cancelleria!
Ne deriva conseguentemente una palese violazione dell’art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana, se è vero, come è vero che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge e che, secondo il principio di eguaglianza in senso formale, non possono essere emanate leggi che creino disparità di trattamento per alcuni.
Che le due norme si riferiscano alla medesima fattispecie è pacifico in quanto, la lettura dell’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112 così come modificato dall’art. 4 n. 3 della legge 22 febbraio 2010 n. 24 fa espressamente riferimento, tra l’altro, all’art. 170 del c.p.c. il quale dispone al primo comma che, dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni (e tra queste, quindi, quelle ricomprese nell’art. 136 c.p.c.) si fanno al procuratore costituito; è altrettanto pacifico che tra le due norme quella che tratta in maniera più specifica la materia sia quella del citato art. 51 D.L. 25/06/2008 n. 112 e che, quindi, in questa sia contenuta anche la fattispecie dell’altra derivando da ciò che la citata norma debba considerarsi speciale in relazione a quella prevista dall’art. 136 c.p.c. .
Tale interpretazione è peraltro condivisa anche da DGSIA la quale, come già detto, in riferimento alle modifiche al codice di procedura civile introdotte dall’art. 25 della L. 12/11/2011 n. 183 entrate in vigore il 01 febbraio 2012 ha chiarito, con la nota del 29/11/2011 n. 32658.U, che «L’analisi della normativa sopravvenuta, e in particolare della modifica dell’art. 136 c.p.c., induce a ritenere che rimanga inalterata la validità delle comunicazioni effettuate a norma dell’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112, per il rapporto di specialità che vi è tra tale ultima norma e l’art. 136 c.p.c.. L’esistenza di un rapporto di specialità e l’intenzione del legislatore di non modificare la norma speciale previgente trova conferma, peraltro, nell’inciso “Salvo che la legge disponga diversamente” del terzo comma del nuovo testo dell’art. 136 c.p.c. …”.
In merito a tale nota osservo la assoluta inutilità del chiarimento di DGSIA che pone la sua attenzione non alla risoluzione del contrasto più sopra rilevato ed evidenziato ma al fatto che rimanga inalterata la validità delle comunicazioni effettuate a norma dell’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112, cosa questa, a mio avviso, assolutamente scontata.
Ritengo quindi che:
1) dal rapporto di specialità tra l’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112 e l’art. 136 c.p.c.;
2) dall’inciso “Salvo che la legge disponga diversamente” presente in apertura del terzo comma dell’art. 136 c.p.c. e che nel caso di specie non può non essere direttamente collegato con quanto disposto dall’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112;
sia logico dedurre che:
3) anche in relazione alle comunicazioni di cui all’art. 136 c.p.c. vada applicato il disposto per il quale “…qualora l’avvocato non abbia attivato o comunicato il proprio indirizzo elettronico (leggasi PEC) le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento sono fatte presso la cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario…” (art. 51 D.L. 25/06/2008 n. 112) senza la possibilità, quindi, che la cancelleria recapiti il biglietto al destinatario mediante trasmissione a mezzo telefax o consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica.
Se tale deduzione è giusta, la impossibilità di cui all’art. 136 c.p.c. a recapitare il biglietto di cancelleria al professionista a mezzo PEC dovrebbe riguardare solo eventuali problemi tecnici dei sistemi informatici della cancelleria che, impossibilitata ad inviare la comunicazione tramite PEC potrà, temporaneamente, inviarla al professionista o a mezzo fax o tramite consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica; purtroppo tale ipotesi, relativa a problemi tecnici dei sistemi informatici delle cancellerie, si è più volte verificata dal 19 novembre 2011 in molti Uffici Giudiziari a seguito del passaggio dalla CPECPT alla PEC come mezzo di comunicazione per tutte le trasmissioni telematiche in ingresso e in uscita (depositi e comunicazioni) e, aggiungo, continua a verificarsi tutt’ora.
Ma… non finisce qua.
Altro problema è quello della validità, sotto il profilo giuridico, dell’emissione dei decreti emessi da DGSIA ai sensi e per gli effetti dell’art. 35 commi 1 e 3 del D.M. 21 febbraio 2011 n. 44 relativi all’attivazione degli indirizzi PEC negli Uffici Giudiziari e dai quali DGSIA ritiene, conseguentemente, che le comunicazioni inviate tramite PEC abbiano pieno valore legale a far data dal 31 gennaio 2012 a condizione (unica) che nei predetti Uffici Giudiziari sia stata accertata l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, la funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici e del sistema PEC del Ministero della Giustizia.
Anche in tale ipotesi si ravvisa il contrasto e quindi il rapporto di specialità tra l’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112 e l’art. 35 commi 1 e 3 del D.M. 21 febbraio 2011 n. 44.
Un decreto ministeriale, nell'ordinamento giuridico italiano, è un atto amministrativo emesso da un Ministro nell'ambito delle materie di competenza del suo dicastero; non ha forza di legge e, nel sistema delle fonti del diritto, può rivestire il carattere di fonte normativa secondaria, laddove ponga un regolamento.
Ciò posto non si comprende come giuridicamente l’art. 35, commi 1 e 3, del D.M. 21 febbraio 2011 n. 44 possa derogare e quindi ignorare quanto previsto dall’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112 in virtù del quale “…le notificazioni e comunicazioni di cui al primo comma dell’art. 170 c.p.c., la notificazione di cui al primo comma dell’art. 192 c.p.c. e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica… nel rispetto della normativa, anche regolamentare, relativa al processo telematico, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici” a decorre dalla data fissata con decreto dal Ministero della Giustizia dopo aver sentito il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, il Consiglio Nazionale Forense e i Consigli dell’Ordine degli Avvocati interessati.
Ritengo quindi che:
a) dal rapporto di specialità tra l’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112 e l’art. 35 commi 1 e 3 del D.M. 21 febbraio 2011 n. 44,
sia logico dedurre che:
b) possa avere valore legale solo il decreto così come formatosi ed emesso nel pieno rispetto della procedura prevista dall’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 112.
A questo punto qualcuno potrebbe osservare che l’emanazione del D.M. 21 febbraio 2011 n. 44 era stata disposta, e quindi prevista ,dall’art. 4 nn. 1 e 2 della Legge 22 febbraio 2010 n. 24 cioè dalla stessa legge che ha modificato l’art. 51 del D.L. 25/06/2008 n. 111 così come più sopra descritto.
Ciò è vero ma è anche vero che l’emanazione dei decreti, previsti dall’art. 4 nn. 1 e 2 della Legge 22 febbraio 2010 n. 24 contenuti poi nel D.M. 21 febbraio 2011 n. 44, doveva essere conforme a quanto indicato dalla vigente legislazione e quindi in linea a quanto dettato dall’art. 51 citato così come da ultimo modificato dall’art. 4 n.3 della Legge 22 febbraio 2010 n. 24 in quanto tale articolo, non essendo stato abrogato o modificato, è la norma (specifica e quindi speciale) di riferimento per ciò che riguarda la procedura da seguire ai fini dell’emanazione del decreto che conferisce il valore legale alle comunicazioni telematiche di un determinato Ufficio Giudiziario.
E’ impensabile infatti sostenere che un decreto ministeriale possa avere, in virtù del principio della gerarchia delle fonti, la forza per modificare o addirittura di fatto abrogare una norma di rango superiore.
A questo punto non credo sia difficile dedurre quali saranno, per gli avvocati e per i loro assistiti, le conseguenze processuali qualora l’impianto normativo, così come sopra descritto, non trovi, da parte del legislatore, le opportune modifiche.
Teramo, 13 marzo 2012
Avv. Maurizio Reale